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La politica del confine

La politica del confine è l’interpretazione di una realtà sociale basata sulla dimensione rigida dello spazio a zone.

Lo spazio a zone è un modo molto efficiente di gestire concettualmente il territorio, sia che esso rappresenti un comune, una regione, una nazione, un continente, sia che esso rappresenti uno spazio culturale, uno spazio mentale, o uno spazio ideale.

Sulla politica del confine si basano tutti i nazionalismi e gli Stati di diritto moderni.

In che modo possiamo gestire verticalmente tutti quegli spazi, dalla terra alla mente della gente, che costituiscono il Mondo Umano, se non con una politica del confine?

Il confine, separa l’uomo dalla donna, l’adulto dal bambino, il tunisino dall’italiano, il bianco dal nero, il cattolico dall’ateo come dall’ebreo o dall’islamico.

Ma se è vero che un confine è una separazione arbitraria tra due elementi, posta non dalla Natura ne dalla Divinità, piuttosto dall’Uomo, allora la politica del confine ci appare più come un gesto disperato di chi, nella propria condizione di illogica presunzione di onnipotenza, cerca in qualche modo di “legittimare” la disparità e la diseguaglianza, la tirannia e l’oppressione degli Stati e del diritto.

I confini dell’Era informatica sembrano essere sempre più labili. Le distanze si accorciano e i dittatori crollano come pere mature dagli alberi, di fronte a piccoli congegni telefonici o semplici calcolatori collegati in rete.

Possiamo credere in una politica dell’inclusione?
Possiamo abbandonare i confini e cominciare a costruire su basi nuove?

L’umanità sembra in questo secondo decennio affacciarsi ad una possibilità straordinaria, ma prima che i confini possano essere realmente sostituiti dalla Rete, dovremo probabilmente morire e soffrire ancora ed ancora, e poi forse un giorno, forse … ma la storia dell’Uomo non ci lascia molte speranze.

Joe F.

Moratoria sulle moschee

 

Parlare da anarchico della libertà di culto e di religione, può mettere in difficoltà, ponendo principi libertari ed esperienze storiche, in contrasto anche feroce, con quelle che sono o possono essere le conseguenze derivanti dalla presenza, in una società, di una o più visioni religiose.
L’anarchismo conserva in se, poche linee guida, fondamentali per chi si riconosce nell’anarchismo, punti fermi ed essenziali che mai si riducono e solidificano però, in dogmi o leggi assolute.
Non è raro, infatti, che anarchici della stessa regione e dello stesso gruppo politico, su specifici argomenti si trovino discordanti e su piani letteralmente diversi.
Con questa premessa sottolineo il carattere prettamente individuale di questo mio ragionamento, poiché sono consapevole dell’enorme complessità del discorso.

Ma veniamo al punto.
In questi giorni si sta dibattendo sull’ennesima proposta leghista, volta a “contrastare” la “proliferazione” di luoghi di culto ( dai capannoni alle moschee ) islamici, nel territorio italiano.

Sul portale della lega ( http://www.leganord.org/default.asp )leggiamo:

Terrorismo, subito moratoria sulle moschee

“Chiediamo una moratoria a tempo indeterminato sulla costruzione di nuove moschee e presunti centri culturali finché il Parlamento non approverà una legge che regolamenti l’edificazione di luoghi di culto che non abbiano sottoscritto intese con lo Stato. Presenteremo una mozione parlamentare in tal senso. Esiste già una nostra proposta di legge per la regolamentazione della costruzione di questi luoghi di culto di cui abbiamo chiesto la calendarizzazione in aula”. Lo ha dichiarato il Presidente dei deputati della Lega Nord, on. Roberto Cota, all’indomani dell’arresto dei due marocchini, per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo internazionale, che frequentavano il centro culturale islamico di Macherio.

(03/12/2008)

 La risposta ambigua della “santa sede” non si è fatta attendere :

Link – http://wwwext.ansa.it/site/notizie/awnplus/news_collection/awnplus_altrenotizie/visualizza_new.html_822546124.html

2008-12-05 08:53 VATICANO: SI’ A MOSCHEE, PERO’ STATO CONTROLLI CITTA’ DEL VATICANO –

Il Vaticano è favorevole alla costruzione di nuove moschee in Italia, purché ci sia un controllo dello Stato sulle effettive finalità religiose, e non si trasformino in luoghi per altri fini. Lo ha affermato, a proposito della richiesta della Lega di bloccare l’edificazione di nuovi centri di culto musulmani, mons. Gianfranco Ravasi, presidente del pontificio consiglio della Cultura della Santa Sede.”Il luogo di culto in quanto tale e’ sempre sorgente di comunione e di dialogo” ma ”il problema” nasce – ha detto Ravasi – quando ”il luogo di culto assume tipologie che sono eterogenee alla propria identita’: in questo caso la convivenza sociale e lo stato in particolare esigono una verifica, un controllo”.

 


 

Mettendo da parte costituzione italiana e dichiarazione universale dei diritti umani, il principio secondo cui ogni essere umano deve poter essere lasciato libero di credere in una qualsiasi religione piuttosto che in nessuna, è probabilmente un’idea acquisita da tutti.
Infondo imporre un credo nazionale come d’altra parte un ateismo di stato, non può che rivelarsi un’azione fallimentare, dato che la fede o la non fede sono espressioni e percezioni dell’essere che non possono essere introdotte nelle menti con la forza.
Tuttavia la storia insegna come il plagio, l’educazione familiare che comincia dalla nascita, il bisogno ( vedi le tribù indigene convertite dai coloni perché affamate … dagli stessi coloni ) possono riuscire in maniera sotterranea, proprio là dove la forza e l’imposizione sfacciata non riescono.
La società italiana crede quindi nella libertà religiosa, eppure allo stesso tempo, una parte di essa rifiuta l’islam, si oppone alla costruzione di moschee in territorio italiano, teme per la propria identità culturale e ponendosi sulla difensiva, in maniera più o meno violenta esprime con parole o azioni, un senso di rifiuto totale nei confronti di tutto ciò che non appartenga alla visione cristiana della chiesa cattolica.
 
Forse nel nostro territorio, non esiste aggregato umano, città o paese, borgo o frazione, in cui non ci sia almeno una chiesa.
Forse alcuni paesini potrebbero non avere una farmacia, una scuola elementare o un asilo nido,di sicuro però avranno una chiesa, un prete ed un santo protettore.
Qualcuno potrebbe asserire che questa norma dipende dalle nostre radici cristiane e dalla nostra identità cattolica.
Di certo questo qualcuno farebbe iniziare la storia della nostra penisola  ai primi secoli dopo cristo, considerando il “prima”, come un vuoto assoluto, nel quale non siano mai esistiti culti politeisti, o tradizioni greche,celtiche, arabe, egizie, etc.

La proposta della lega a mio avviso, si pone al centro tra diverse questioni che nell’insieme, vengono a formare un problema generale che io interpreto come la

contraddizione patriottico-cattolica italiana.

Il patriottismo deve per necessità, poggiare le proprie radici su basi solide ed immutabili :


i confini territoriali ;
la religione di stato ;
le tradizioni comuni ;
la lingua unica ;
etc.

 

In questa nostra epoca moderna, però, gli uomini e le donne di molti paesi, dopo lotte e guerre civili, hanno maturato una certa coscienza e sensibilità nei confronti di temi come l’uguaglianza, la libertà, l’indipendenza individuale …

La democrazia è uno di quegli strumenti moderni che in qualche modo, riesce a mantenere in piedi un sistema di potere fortemente repressivo ed autoritario, centralista ed assolutista, assieme all’esigenza del popolo di un riconoscimento formale ( se pure non sostanziale ) dei diritti qui sopra citati.

Ma il patriottismo, essendo un concetto poco incline al mutamento ed all’evoluzione, poco si accosta alla dimensione temporale che in misura davvero importante influisce sulla nostra esistenza umana e terrena.

La storia ci insegna, per quanto ne vogliano i creazionisti, che nulla è stato creato dal nulla, e che andando indietro o in avanti nel tempo, la possibilità di trovarsi davanti una società sempre uguale a se stessa, è pressoché pari a zero.

E’ qui che la contraddizione prende luogo:

Un presente perenne costruito a sostegno di un patriottismo colonna dello stato, in bilico sulla punta della lancetta del tempo.

Ma cosa centra la chiesa cattolica con il patriottismo?

La chiesa, in Italia, assolve a molte funzioni.
Tra queste in particolare, asserve agli interessi politici che trasversalmente in tutti i partiti , vogliono la conservazione dei privilegi ,conquistati con il sangue (nostro), dei funzionari dello stato, del clero, dell’imprenditoria e dell’alta finanza di questo paese.

Il patriottismo e la fede generano stabilità interna e questo comporta una più facile gestione delle vite della gente da parte del governo o del papato di turno.

E’ ovvio che per mantenere saldi i propri privilegi, la chiesa non possa permettersi il lusso di dividere il proprio potere con altre realtà religiose, come lo stato non possa lasciare spazio a nazioni concorrenti

L’immigrazione porta con se, non soltanto braccia e manodopera, ma anche cultura e religione, pensiero e sentimento.

La chiesa e lo stato si alternano in un balletto ipocrita e subdolo, nel quale a turno si mostrano lupi o pastori, innalzando il valore della libertà o al contrario ponendola al di sotto di ogni più stupido interesse “nazionale”.

Per questo alla richiesta di una moratoria sulle moschee da parte della lega, è seguita una dichiarazione a favore della libertà di culto da parte della chiesa.

Mi viene in mente quel crocifissino appeso ovunque negli uffici pubblici e “laici” dello stato, nelle classi della scuola “pubblica”, che tanto mi sembra un monito piu che un simbolo di pace.

Credo fortemente che nelle istituzioni religiose, nella loro gerarchia, nel loro assolutismo, nella loro legge e morale crudele, nel loro giudizio divino, ci sia nulla o quasi nulla di buono e che se un giorno scomparissero sarebbe un bene per l’umanità.
Allo stesso tempo mi sento di affermare che lottare contro le istituzioni non deve necessariamente essere inteso come lottare contro il senso di spiritualità dei singoli.

Il pensiero libero è la base su cui costruire le nuove società.
Quando questo pensiero non prende forma in sistemi di potere e rimane idea del singolo, la libertà di esistere di questa idea deve essere preservata.
Quando un cattolico offende un mussulmano, o un mussulmano aggredisce un indù, questo accade non a causa della loro libertà di pensiero e di credo, ma per colpa di una società che nella sua globalità generà violenza, perchè è stata costruita sulla violenza, perche come progetto di continuità non vede altro che violenza.

Joe F.

Sugli studenti decidano gli studenti!

Più o meno ogni anno, gli studenti contestano pseudo riforme dell’istruzione e tagli alla scuola; lottano e sfilano per le strade, occupano scuole, chiedono a gran voce più diritti, maggiore attenzione alla loro condizione, che almeno in Italia è disperatamente isolata ed esclusa dalle diverse attenzioni dello stato, o della società in generale.

Avvolte capita, come in questo 2008, che una ministra Gelmini sfori, che una recessione tagli le gambe persino ai ceti medi, che un governo Berlusconi si faccia garante dei debiti delle banche, che un capitalismo americano imploda su se stesso e che un Bush, presidente degli stati uniti, perda la faccia, supplicando quasi in ginocchio il popolo,  perché sostenga una manovra di salvataggio di multinazionali responsabili della caduta in povertà di migliaia di famiglie.

Così alle proteste degli studenti si uniscono quelle dei loro genitori, dei docenti, dei precari della scuola, dei ricercatori, dei lavoratori di ogni settore …

In questa fase di contestazione generale, una frase apparentemente ingenua sorge dalla folla e leggera sfiora e tocca le nostre coscienze.

Dagli studenti una voce : “ Sugli studenti decidano gli studenti !! ” .

Sembrerebbe uno di quegli slogan del ’68, utopici, semplici, sinceri, strambi ed irrealizzabili.
Eppure un’utopia spesso è tale non per sua natura, ma a causa dei limiti sociali, mentali e strutturali del periodo storico in cui viene formulata.

Come possono gli studenti, decidere sul sistema che dovrebbe educarli e formarli? Loro che per l’appunto non sono individui completi, compiuti …
Come possono dei ragazzi sapere quel che è meglio per loro, quali programmi seguire, come organizzare il lavoro nelle classi, come gestire le risorse scolastiche?
Magari assieme ai docenti?
Forse in collaborazione con le famiglie?
Si potrebbe creare una struttura organizzativo-decisionale basata su rapporti orizzontali e non quindi gerarchici, fatta di scelte condivise e non imposte, costruita sul desiderio di crescere nella società e con la società, con scopi comuni, non immersi nella cinica competizione di stampo capitalista che oggi a tutti i livelli e in tutti gli strati caratterizza la vita degli uomini e delle donne.

Un’idea del genere appare quindi rivoluzionaria, pregna di una critica generalizzata nei confronti dello stato e delle istituzioni, si può partire dal cambiare la scuola per arrivare a cambiare la società intera!
Quale strumento più potente dell’istruzione può condizionare il modo di pensare della gente?
Per esempio, il crocifisso nelle aule è un segno di rispetto nei confronti della nostra presunta tradizione cattolica, o invece è un segnale subliminale diretto alle menti degli studenti, volto ad imprimergli indirettamente e nel lungo periodo una coscienza spirituale e soprattutto una sottomissione alla legge “divina” della chiesa?
Il grembiule come la divisa non è forse un modo per inquadrare le classi?

La scuola forma gli elettori di domani, che dovranno ACRITICAMENTE scegliersi il padrone, la carota ed il bastone.

Riflettere sulla possibilità di un’ organizzazione sociale critica e consapevole, sulla possibile rottura con un sistema di imposizione feroce, poliziesco e amaro come le decisioni prese dall’alto, sulla base di economie classiste, non significa certo avanzare verso delle soluzioni terroristiche, ma piuttosto riguarda il più sensato e logico modo di porsi nei confronti di una crisi umana, le cui radici è evidente sono aggrappate saldamente alla superbia di pochi e allo sfruttamento conseguente dei molti.

Joe F.

 

4 Ottobre manifestazione antirazzista

 
 
 
Quando si guarda questo mondo, spesso una rabbia ed una sofferenza interna, ci spingono a reagire, a lottare.
Ma la reazione non è sempre delle migliori e la lotta non è sempre delle più nobili.
 
Il razzismo è un male tremendo, una peste crudele.
 
Quando la miseria, la paura per il futuro incerto, l’ignoranza, l’impoverimento dei sentimenti, la solitudine, portano al razzismo, combattere questa piaga diventa davvero difficile.
 
Non sono demoni ne creature maligne i razzisti che imperversano nella società odierna, ma lavoratori, padri e madri, cittadini e stessi ex emigranti o vecchi immigrati …
 
 Combattere il razzismo non è una guerra, piuttosto è una rivoluzione culturale e sociale, volta a trasformare da un lato o del tutto distruggere dall’altro certi meccanismi di questo sistema malato, fatto di alienazione e disuguaglianze, di competizione e odio verso tutto e tutti.
 
Con questa consapevolezza le coccinelle anarchiche sfileranno il 4 Ottobre a Roma, nella speranza che questo mondo cambi,
 
non più mille bandiere di stati e nazioni,
ma un unico cuore multicolore, privo di frontiere e di recinzioni.
 
Coccinelle

Ordinanza proibizionista a Pisa – no alcool no party

 

E’ del 15/07/08 il timbro posto sulla nuova ordinanza del prefetto di Pisa, dott. Basile Benedetto (nella versione .doc, mentre in quella .pdf la firma risulta essere del vice prefetto dott. Filippo Izzo ).
L’ordinanza pare essere, secondo l’amministrazione neo eletta, una risposta adeguata ed obbligata, alla sempre più incontrollata situazione nel centro storico, situazione di degrado e violenza, di criminalità ed inciviltà dilagante.
Luglio ed Agosto sono ormai trascorsi, ma ancora 30 giorni di proibizionismo restano da svolgersi nel centro storico.
Non molto è cambiato, apparte un’ evidente diminuzione dei "concentramenti umani" …
Settembre si apre così all’insegna del divieto e della punizione.
L’estate volge al termine e la città, quella che pensa e lotta per le proprie idee si risveglia dolcemente con un misto di bei ricordi passati e nuove problematiche presenti e future da affrontare.

L’alcool, l’uso, l’abuso, la violenza, l’allegria, il vivere ciò che esiste da liberi responsabili, o da egoisti irrispettosi di tutto e di tutti …

Discutere del valore del diritto sancito dalla legge, della sua credibilità, delle motivazioni  apportate a suo sostegno, della necessità della sua esistenza, o di una migliore possibile organizzazione sociale, ci sembra, davvero, sempre più urgente ed importante tutto ciò!

Proibire pare una risposta efficace alle recenti richieste di sicurezza, ma è davvero così?

Per adesso lasciamo che leggiate la "felice" ordinanza del prefetto "pisano", poi cercheremo di spiegare il perchè divieti e proibizioni  ci incutono tanta paura e alimentano la nostra rabbia.

File ordinanza versione .doc
File ordinanza versione .pdf

(*) nota : le copie dell’ordinanza sono state recuperate dai siti del comune di pisa e del prefetto di pisa_

Coccinelle